Inter(cine)visione: Oceania (2016)

A cura di Riccardo Venci,

con la partecipazione di Stefania Cataudella, Valerio Colangeli, Alessandro Generoso

 

 

       Gli articoli proposti in questa rubrica riportano le riflessioni condivise dal gruppo di Inter(cine)visioni, che si riunisce mensilmente nell’Aula Bernhard dell’AIPA di Roma. Le Inter(cine)visioni nascono dalla proposta di Valerio Colangeli di un gruppo AipaArt di condivisione di pensieri e sentimenti attorno alla proiezione di un film. La visione condivisa di un film accende un gioco condiviso, un “libero gioco di immaginazione e intelletto” (Kant, 1790), ma anche di sensazioni, pensieri, sentimenti e intuizioni, quindi un preludio di conoscenza, un attivarsi di istanze simboliche, che poi iniziano a integrarsi in una cultura analitica condivisa. Non vi è certo la pretesa di spiegare un film in senso junghiano o di teorizzare un codice junghiano per tradurre il linguaggio cinematografico: molte sono le critiche a questo tipo di operazione semiotica, in cui gli archetipi divengono segni di un codice e perdono la vivacità generativa simbolica che appartiene loro (Fredercksen, 2001; Hollwitz, 2001). La visione di film condivisa permette, tuttavia, di stimolare ed esercitare assieme una sensibilità archetipica: “Ogni relazione con l’archetipo, vissuta o semplicemente espressa, è «commovente», cioè essa agisce perché sprigiona in noi una voce più potente della nostra” (Jung, 1922).  

 

 

Il film in breve

Oceania, è un film del 2016, è il 56° classico Disney ed è stato candidato all’Oscar 2017 come Miglior film d’animazione e per la Migliore canzone “How Far I’ll Go”. La trama è assimilabile a quella di una fiaba in cui la protagonista, Vaiana, la sedicenne figlia del capo villaggio, compie un viaggio per riportare pace ed equilibrio, partendo da una situazione di crisi e carestia. Questa carestia è cominciata quando il semidio Maui, venerato in alcune leggende polinesiane come trickster “prometeico” (Cfr. Campbell, 1949, p. 220), ha rubato il cuore di Te Fiti, la personificazione divina della prima isola che, emergendo dall’Oceano, ha dato origine alla vita. Il cuore rubato ha la forma di una pietra pounamu, ma, non appena questa viene prelevata dal suo luogo naturale, dei mostri invadono l’oceano, Maui perde l’amo che gli fornisce i poteri e la carestia si diffonde. Anni dopo, Vaiana viene scelta dall’Oceano per ritrovare Maui e riportare il cuore di Te Fiti sull’omonima isola. Inizialmente, viene ostacolata da suo padre, il capo villaggio, che ritiene i viaggi oltre il reef, il limite rappresentato dalla barriera corallina, troppo pericolosi e per questo vietati a tutti. Sostenuta dalla nonna, Vaiana disobbedirà al padre, troverà Maui e lo convincerà ad aiutarla.

 

Situazione iniziale: Il cuore perduto del Sé

Si delinea nella situazione iniziale della storia un’antinomia tra il Puer e il Senex (Hillman, 1967), tra chi preserva una versione della tradizione e chi vuole recuperare e ridare vita a tradizioni più antiche e dimenticate. Vaiana, mentre trova delle grandi navi nascoste in una grotta, scopre la vera tradizione di esploratori e navigatori dei suoi antenati: si tratta di risorse dell’inconscio transgenerazionale che la narrazione cosciente del villaggio aveva sommerso come tutela di fronte a un trauma collettivo pregresso. La posizione del capo villaggio è la posizione unilaterale della coscienza, che, in senso difensivo, evita l’incontro con parti scisse di sé, eppure evocative e affettivamente pregnanti, sebbene complessuali. Il capo villaggio tenta anche di silenziare il richiamo dell’Oceano che invita Vaiana a preservare il cuore di Te Fiti, “il cuore perduto del Sé” (Kalshed, 2003, p. 35): “qualcosa di sacro che il sistema di autocura preserva – una parte fondamentalmente innocente o pretraumatica del sé essenziale” (p. 34). Se il cuore di Te Fiti non ritorna al suo posto sulla prima isola, continuerà a esservi carestia: “Il trauma rappresenta il colpo devastante per l’innocenza generativa al cuore del sé” (p. 36). Per accedere a questa potenza generativa, per Jung, è necessario mettersi in viaggio, intraprendendo una regressione non patologica: “Nelle tenebre dell’inconscio è nascosto un tesoro […] descritto come perla luminosa o, da Paracelso, come mistero”. Continua poi: “Queste possibilità di vita e di progresso “spirituali” o “simbolici” costituiscono la meta ultima ma inconscia della regressione” (Jung, 1912).

Nel film, l’Oceano è una personificazione di queste “tenebre dell’inconscio”, di ciò che può essere molto spaventoso, ma è anche un Oceano cha aiuta, che fa spazio, che dà sostegno e per questo si presta a simbolizzare un “sistema di autocura” (Kalshed, 2003). Se, da una parte, l’Oceano è immagine dell’indifferenziazione primordiale dell’inconscio (Chevalier & Gheerbrant, 1969), la corrente indica invece una direzione per la coscienza posta in ascolto. Vaiana, per compiere la sua missione, deve navigare in superfice: attraversare il corso, districarsi tra emozioni e sentimenti ambivalenti, fluttuando sul preconscio e rimanendo cosciente. Per questo Maui insegnerà a Vaiana che un vero navigatore non dorme mai completamente, se vuole raggiungere la sua meta.

 

Meditazioni sui personaggi: Maui come Animus

Maui potrebbe rappresentare l’Animus di Vaiana, la parte guerriera del Sé con cui la protagonista deve scendere a patti, per poterla integrare in maniera armonica nel suo percorso di individuazione. Il simbolo di Maui è l’amo, che conferisce al semidio i suoi poteri da trickster mutaforma, ma è anche la coda della costellazione dello Scorpione, che indica alla giovane la rotta da seguire. Maui è stato prima un semidio individualista, che aiutava gli uomini per sentirsi acclamato, tirando su le isole dall’acqua, rallentando il corso del sole per allungare le giornate, inventando il fuoco e le noci di cocco, ma è solo nel momento in cui sia lui che Vaiana assecondano il bene collettivo che si ritrovano alleati. Questo perché l’individuazione non è individualismo; invece rappresenta la possibilità di esprimere la propria chiamata interiore in sintonia con il bene comune. Certo, un tale percorso è complesso e non sono solo gli alleati più talentuosi, le funzioni superiori della coscienza, a essere messe in gioco, ma la personalità nella sua interezza, anche nelle sue parti che sembrano essere rimaste indietro, ma che infine si scoprono essenziali. Sulla barca di Vaiana, un’ospite inatteso è il pollo Hei Hei, che cade sempre in acqua, eppure viene sempre ripescato, perché “a volte la nostra forza è sotto la superficie” come ammette Vaiana stessa.

 

Meditazioni sul personaggio: La nonna di Vaiana come differenziazione dell’Anima

Non è semplice per la coscienza distinguere un movimento di individuazione da un’affermazione unilaterale dei propri desideri. Jung (1946-54) ci ricorda che “Invece il Sé racchiude in sé infinitamente di più che un Io soltanto […]: esso è l’altro o gli altri esattamente come l’Io. L’individuazione non esclude, ma include il mondo” (p. 243).  Come distinguere un atto di hybris da una spinta evolutiva autentica? Nel film, è Tala, la nonna di Vaiana, a farsi voce di un’istanza che legittima l’impresa della nipote. Da una parte, la nonna si fa espressione di una sapienza del collettivo e della tradizione che trascende quella del capo villaggio, ovvero del figlio. Per questo, è la nonna a far scoprire le barche degli antenati a Vaiana. Allo stesso tempo, attribuisce a sé il ruolo di “matta del villaggio”, mentre danza assieme alle mante, esprimendo una voce e un’andatura divergente, ma radicata nella natura. Dopo la sua morte, il suo spirito avrà proprio la forma di una manta che incoraggerà Vaiana a mantenere la rotta tracciata dagli antenati. Si può qui riconoscere una funzione animica di questo personaggio, proprio perché aiuta Vaiana a riconnettersi con la voce interna, con la chiamata dell’Oceano, mentre la giovane sarebbe tentata di assecondare il padre, essere una brava figlia e indossare la Persona, il ruolo sociale, che il villaggio le attribuisce, ma che è in contrasto con la sua vocazione. Vaiana ha 16 anni, è un’adolescente ed è in questa fase che le funzioni di Anima e Animus iniziano a svincolarsi dal complesso materno e paterno, sia perché le esperienze coi pari vengono maggiormente investite affettivamente, sia perché lo sviluppo del pensiero astratto, permette la risonanza con figure di “estraneo misterioso” (Kast, 2009), vecchi saggi e anziane sapienti, che contribuiscono ad articolare la funzione animica e a favorire l’incontro con il proprio Sé autentico.

 

Conclusioni insature: verso un’ecologia della psiche

I personaggi ritratti narrano parti di noi e dei nostri pazienti: il bisogno di riconoscimento sociale di Maui, il desiderio di esplorazione di Vaiana e la ricerca di un ritmo sintonico con la natura nel caso di Nonna Tala. In noi, ci sono aspetti senex di aderenza alla tradizione, come istanze puer di rinnovamento e rivoluzione. Ognuna di queste parti, richiede dignità ed espressione, senza che nessuna divenga unilaterale rispetto all’altra. Si tratta di avere un rispetto per la natura ecologica della mente, per il ritmo con cui le diverse parti vengono avanti o indietreggiano verso lo sfondo. Anche in terapia, la coppia terapeutica, può procedere in sintonia con un “fattore verde” (Peresso, 2023), favorendo il risanamento della psiche attraverso un’interazione ritmica di rispecchiamento e risonanza emotiva.

 

Bibliografia

 

Campbell, J. (1949), L’eroe dai mille volti. Lindau: Torino 2012.

Chevalier, J. & Gheerbrandt, A. (1999), Dizionario dei simboli. Rizzoli: Milano.

Fredercksen, D. (2001). Jung/Segno/Simbolo/Film, in Jung e il Cinema. Il pensiero post-junghiano incontra l’immagine filmica, a cura di Hauke, C. & Alister I., pp. 35-76, Mimesis: Roma 2018.

Hollwitz, J. (2001). La ricerca del Santo Graal e L’uomo dei sogni, in Jung e il Cinema. Il pensiero post-junghiano incontra l’immagine filmica, a cura di Hauke, C. & Alister I., pp. 107-122, Mimesis: Roma 2018.

Hillman, J. (1967). Puer Aeternus. Adelphi: Milano, 1999.

Jung, C. G. 1922, Psicologia analitica e arte poetica, in OCGJ X, 1, Bollati Boringhieri: Torino.

Jung, C. G. (1946-1954), Riflessioni sull’essenza della psiche in Opere, vol. 8, p. 243, Boringhieri: Torino.

Kalshed, D. (2013), Il trauma e l’anima. Moretti & Vitali: Bergamo.

Kant, I. (1790), Critica della facoltà di Giudizio. Einaudi: Torino 2011.

Kast, V., L’anima/Animus, in Ed. Papadoupolos, R. K., Manuale di Psicologia Junghiana. Orientamenti contemporanei della Psicologia Analitica. Teoria, pratica, applicazioni. Moretti & Vitali: Bergamo 2009.

Peresso, P. (2023). Dalla dissociazione all’integrazione: il valore del “fattore verde”. Studi Junghiani – Open Access, (57). https://doi.org/10.3280/jun57-2023oa16064

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