Titolo : Foucault in California
Autore : Simeon Wade
Casa editrice : Blackie Edizioni
Pagine : 165
Anno : 2023
Se fosse un’immagine : La Torre Eiffel in mezzo alla Death Valley
Se fosse una musica : le Variazioni Goldberg di Bach suonate dai Pink Floyd
Per approfondire : “Contro il metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della conoscenza” di Paul Feyerabend
Un libro lungo un viaggio, il filosofo Michel Foucault per alcune settimane si immerge nella California degli anni ’70, fatta di campus universitari ribelli, cieli stellati sopra il Grand Canyon, trip lisergici, musica psichedelica, controcultura, libertà sessuale. Lungo il cammino il filosofo parla, incontra, si meraviglia e in questa maniera il libro è fenomenale nel suo portarci dentro al Foucault-pensiero senza passare dai seminari ufficiali del College de France. Ci porta dentro come un gioco, come se l’avessimo conosciuto anche noi in un viaggio, casualmente. Questo signore calvissimo brillante ed eccentrico, occhiali enormi, maglie a collo alto, movimenti rapidi, pensiero ancor più rapido. L’incedere ragionante del filosofo che si poggia sulle cose mentre le esamina è, nella versione di Foucault, unica e originale: il principio di piacere si fa principio di realtà e davvero la vita del filosofo incarna un’estetica dell’esistenza. Il pensiero continuo è parte della convivialità, della lentezza e dal piacere nelle relazioni, d’accordo con i tempi dello scorrere dei giorni e delle ore; nulla è accelerato, a meno che non insorga un desiderio improvviso, da seguire senza esitazioni, con gli effetti a volte comici della commedia umana.
Curiosamente risuona qualcosa in questa rubrica quando si riflette su uno dei suoi primi testi, un commento a “Sogno ed esistenza” di Binswager, dove viene esposta una correlazione tra i generi letterari e l’interpretazione dei sogni; un’idea che Hillman avrebbe sviluppato ne “Le storie che curano”. Ugualmente in “Storia della follia” si ipotizzava di comprendere il disturbo mentale e l’inconscio collettivo attraverso i gesti degli individui negli istituti psichiatrici; qualcosa che alla stessa maniera può suonare familiare ad un ascolto junghiano.
Sorridendo, in un’atmosfera rilassata e psichedelica ci spiega ad esempio come l’esercizio del potere abbia sempre a che vedere con l’occupazione dei corpi e come il materialismo dialettico abbia grandi limiti per comprendere fenomeni di questo tipo ed eventualmente contrastarli. Foucault racconta avrebbe voluto scrivere un libro-bomba, un’arma che non causasse morti ma conoscenza; avrebbe voluto scriverne uno che deflagrasse e che cambiasse le cose senza lasciare traccia di sè oltre a un gran fuoco d’artificio; gli storici diceva, l’avrebbero raccontata quell’esplosione bella e colorata, ma del libro non sarebbe rimasto nulla. Certo, se proseguiamo con il sottile tono da realismo magico del libro forse potremmo dire che in qualche modo tutto ciò è successo, ma per farlo dobbiamo metterci anche noi a guardare la la luminosità di Venere nascente nel Grand Canyon mentre conversiamo con lui, storditi dal viaggio, rispetto al sapere, alla sessualità, alle prigioni, al potere e alle istituzioni.